Per definire il campo d'applicazione di questa Medicina Funzionale, consideriamo due poli estremi, rappresentati dal polo A: la salute e dal polo B: la malattia.
Polo A (la salute): in maniera semplice, possiamo considerare che si tratta, nello stato fisiologico ideale, del rispetto delle funzioni e del buon funzionamento di quest'ultime.
Polo B (la malattia): a questo stadio, il paziente va dal medico che richiede esami complementari, paraclinici, radiologici, biologici o sierologici. Questi testimoniano, il più delle volte, l'esistenza di una patologia che permette di porre una diagnosi e, di conseguenza, di prendere in considerazione una prognosi e una terapia allopatica (tradizionale) o, in extremis, chirurgica.
Tra questi due poli, quando il paziente chiede un consulto medico per per disturbi funzionali articolari, viscerali o altri viene sottoposto ad esami complementari paraclinici. Molto spesso questi non evidenziano niente, sembrano normali e non permettono ne di porre una diagnosi, ne di pensare ad una prognosi. Quest'assenza di diagnosi non permette al malato di essere curato con una terapia specifica ed adeguata. Si tratta perciò del "no man's land" dei disturbi del comportamento, dei malesseri, dei disturbi funzionali. Le persone che "stanno male" vagano da studio a studio, da terapeuta a terapeuta e da medicina a medicina senza trovare soluzione.
Sono spesso confrontati con pareri contraddittori, affidati a succedanei, accusati di "psicosomatismo" o ancora indirizzati verso una fisioterapia abusiva, quando addirittura non si propone loro una "indifferenza educata"
"....90% dei pazienti esaminati non corrispondono a nessuna diagnosi, nessuna prognosi, nessuna terapia studiata in facoltà..."
Questa frase è da riferirsi al dottor SOLIER, professore alla facoltà di Medicina di Parigi e titolare della cattedra di Medicina Preventiva e Igiene. Considerando la sua qualità e la sua funzione, ogni sua parola ha una portata considerevole e merita riflessione. Bisogna essere coscienti che non potrebbe esistere nessuna disfunzione strutturale che non sia passata prima da uno stadio funzionale.
E' tra questi due poli, nell'ambito dei disturbi funzionali, che la Medicina Funzionale Osteopatica trova la sua piena giustificazione e la sua ragione di esistere, rispondendo alle esigenze umane con le quali il terapeuta si trova confrontato ogni giorno. Quando l'evoluzione patologica del disturbo funzionale ha raggiunto il polo B perchè la patologia funzionale è stata ignorata, non trattata o trattata male, la Medicina Tradizionale con i suoi mezzi allopatici o chirurgici trova allora il suo pieno impiego. Bisogna agire rapidamente e trovare rimedio perchè c'è una nozione di urgenza.
Possiamo quindi affermare che l'Osteopatia è una Medicina Funzionale, preventiva, profilattica e complementare alla Medicina Tradizionale.
Non vi è sovrapposizione, concorrenza o doppio uso. Sono l'una collegata all'altra, complementari. Non si rivolgono nè agli stessi pazienti, nè allo stesso stadio di evoluzione della patologia e non dispongono degli stessi mezzi terapeutici.
Tenendo conto delle nozioni d'entità dell'individuo, di unità funzionale e di interdipendenza dei sistemi, l'Osteopata deve essere un medico generico dei dei disturbi funzionali e non uno specialista in biomeccanica articolare.
L'Osteopatia non è una "tecnica". E' una scienza adulta che si basa su principi filosofici precisi e su nozioni fondamentali come: